Il Castello dei Dannati
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Il Castello dei Dannati

Il Castello dei Dannati sarà una svolta per ogni fantasia, creatività, emozioni... Sentimenti trasformati in parole scritte..Racconti, poesie, G.D.R.
 
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 13. SARAH CASSIDY O'BRIEN

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Mariska
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13. SARAH CASSIDY O'BRIEN Empty
MessaggioTitolo: 13. SARAH CASSIDY O'BRIEN   13. SARAH CASSIDY O'BRIEN Icon_minitimeVen Ott 28, 2011 4:22 pm


"Cosa sta succedendo qui?" L'uomo che parlò era quasi una caricatura, l'archetipo di un emigrante dell'Irlanda, alto, grosso, i capelli rossicci e il volto ricoperto di efelidi. Il suo atteggiamento esprimeva una rabbia repressa mentre guardava di traverso prima il giovane disteso a terra e poi me. Un altro uomo, un tipo simile a lui ma più basso e un po' corpulento, si fece largo a spinte tra la piccola folla per tirare su il giovane.

La donna afferrò per il braccio l'Irlandese. "Papà, Johnny mi stava molestando e questo bravo gentiluomo è venuto molto coraggiosamente ad aiutarmi." spiegò.

La faccia dell'irlandese si tinse di porpora e si diresse minacciosamente verso quel furfante. Il secondo uomo lo fermò. "Me ne occuperò io, O'Brien. E' mio figlio. Le mie più sincere scuse, signorina Sarah. Quando Jhonny avrà smaltito la sbornia, sono sicuro che sarà contento di fare delle pubbliche scuse." Schiaffeggiò forte il figlio sulle guance "Vai a casa: sei ubriaco, disgraziato!"

Johnny Favorite indietreggiò di parecchie iarde, poi si voltò per indicarmi con dito tremante: "Vi rivedrò un giorno. Allora scopriremo come siete veramente."

"Scusatelo, signore, è giovane e sciocco." disse il padre. Poi spinse via il figlio, intimandogli ancora una volta di andare a casa.

Io mi inchinai leggermente. "Forse il lupo reputa necessario perdonare l'uggiolare del cane? E' tutto dimenticato, signore."

L'uomo chiamato O'Brien mi afferrò la mano, ma la lasciò quasi immediatamente, come se fosse stato spaventato dalla mia fredda forza. "Avete tutta la mia riconoscenza, signore. Io sono Jack Allen O'Brien, e questa è mia figlia Sarah Cassidy, la mia primogenita."

"Szekely. Conte Szekely. Un residente molto recente nella vostra bella e grande terra." Feci un inchino a Sarah O'Brien e le presi la mano per baciarle leggermente le dita. Fu un bene che la folla ancora curiosa non si fosse dispersa, poiché desiderai ardentemente bere avidamente il suo sangue.

"Ancora i miei ringraziamenti, Conte," disse O'Brien "Johnny Favorite è un fannullone maleducato che merita una buona bastonatura."

"Ai miei tempi lo avrei..." mi fermai appena in tempo. Stavo per dire che ai miei tempi lo avrei fatto impalare e che, se avesse impiegato meno di due giorni a morire, il boia lo avrebbe seguito sul palo. Sorrisi un poco nel buio, gustando i ricordi di quei tempi andati e crudeli "Ai miei tempi sarei stato onorato di bastonarlo." conclusi.

O'Brien mi mise qualcosa in mano. "Il mio biglietto da visita, signore," disse. "Sarete gradito ospite nella mia casa. Forse, Conte, ci farete l'onore di una visita molto presto." Un invito... la mia occasione!

"Ahimè, signore, gli affari mi terranno lontano per qualche settimana!" mentii "Ma quando ritornerò... beh, ora che mi avete così gentilmente invitato, dubito che sarete capace di tenermi lontano."

Ridemmo tutti a questo supposto scherzo mentre li salutavo. Com'è patetica la stupidità degli umani. Come rendono tutto facile a noi Nosferatu. Ora che avevo ricevuto l'invito di O'Brien spinto dalla gratitudine, niente poteva impedirmi l'accesso alla sua dimora. E avrei approfittato di quell'invito più presto di quanto potessero immaginare, per cenare con un membro della loro famiglia. Mentre mi allontanavo da loro, mi leccai le labbra e i denti come se fossi stato una belva feroce che affrontava un cerbiatto indifeso.

Anche se la passione mi stava dilaniando, non mi gettai a precipizio come avrebbe fatto un giovane Nosferatu. No, passai invece parecchie sere e notti a perlustrare la casa degli O'Brien, mescolandomi con la leggera e bassa nebbia che si spandeva pigramente nella loro proprietà, esplorando la pianta della casa e dei giardini, disponendo la mia mente a identificare e riconoscere i membri della famiglia, i servitori, e i luoghi in cui alloggiavano durante quelle cruciali ore notturne. Cercare di essere paziente era difficile, poiché ero dilaniato dalla brama quasi irresistibile che tormenta la mia specie in queste circostanze.

Alla fine scelsi la mia notte. Di solito la famiglia si ritirava intorno alla mezzanotte, ma mi trattenni con difficoltà per un'altra ora circa dopo il momento in cui sentii che l'ultimo occupante della casa si era addormentato. Alla fine di questa sosta, mi diressi verso quella parte della casa che si trovava sotto il balcone e la finestra della camera da letto di Sarah.

Scalai con facilità il muro esterno, trovando istintivamente degli appigli per le dita e per i piedi impercettibili per gli umani, giungendo sul balcone in poco tempo. Nonostante l'umidità della notte, le finestre e le zanzariere erano chiuse, senza dubbio per evitare che entrassero gli insetti notturni portatori di malattie. La famiglia era ignara di altri, più potenti, pericoli della notte. Le finestre non erano né un impedimento né un ostacolo per me, e scivolai come nebbia con facilità attraverso le minuscole fessure.

La luna era piena quella notte e diffondeva la sua luce dorata nella stanza di Sarah, disegnando ombre a scacchi sul pavimento e sui muri fin quasi all'altezza del soffitto. L'appartamento era grande - come di solito nelle famiglie ricche - e ben arredato con dei bei mobili antichi, mentre il centrotavola era d'argento, e da un lato c'era una bella scrivania con la parte superiore di pelle e una sedia su cui era stato gettato senza cura un vestito di seta. Contro il muro opposto alle finestre c'era un grande e solito letto a baldacchino con delle pesanti tende tenute indietro da lacci di seta.

Lì, in un incantevole disordine, giaceva la mia Sarah addormentata, con i folti capelli sparsi su bei cuscini di lino simili dell'erba nera in un mare di latte, e un solo lenzuolo tirato al di sotto della vita. Le sue labbra delicate erano socchiuse e, ad ogni gentile respiro che emetteva, potevo sentire la canzone di Lorelei del suo sangue vergine.

Con il potere della mia mente la invitai a svegliarsi, e lei lentamente si alzò, stiracchiandosi pigramente e guardandosi intorno nella stanza finché non mi vide vicino alla finestra. Con un rantolo si tirò a sedere, come se fosse sul punto di gridare per chiedere aiuto. Mi misi un dito sulle labbra, imponendo il silenzio alla mia vittima, al mio amore.

Resistette solo per qualche secondo e poi urlò, mentalmente e fisicamente, rilassandosi contro i cuscini, con gli occhi che brillavano per il terrore e il desiderio. Emise un altro suono."Voi..." disse ansimando.

Per dei lunghi minuti non feci altro che stare fermo a guardarla, in parte per apprezzare la sua bellezza, e in parte per stimolare al massimo il mio appetito con l'attesa. Poi, in risposta a un gesto imperioso della mia mano, Sarah si slacciò lentamente la parte superiore della camicia da notte, scostandola per rivelare un seno perfetto, con lo scuro capezzolo nudo contro la carne bianca. Potevo vedere il lieve pulsare di una vena sul suo collo. Mi sedetti accanto a lei, prendendole una mano nella mia per baciarla delicatamente.

"E' un sogno." sussurrò lei.

"Sarà soltanto un sogno," le dissi "un sogno ricorrente di cui non vi ricorderete. E dal sogno scivolerete nel sonno più lungo di tutti, un sonno da cui vi sveglierete immortale per prendere il vostro conveniente posto al mio fianco."

Abbassai la testa e bevvi profondamente, più profondamente di quanto avessi avuto intenzione di fare quella prima notte, ma l'amore conosce poche restrizioni. Bevvi tutto quello che serviva a saziarmi e anche di più dalla sorgente di quel vino che dà la vita a tutti noi Nosferatu, umani o animali. Durante il giorno seguente e i giorni successivi, riposai più profondamente di quanto avessi fatto per molti lunghi anni...

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